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19 settembre 2017

Un disco per l’estate 1973 – seconda serata (puntata n. 134)

di Dario Cordovana



I Dik Dik sono stati i trionfatori dell’estate 1972 con la loro “Viaggio di un poeta”. Nel 1973 ci riprovano con un pezzo di simile ispirazione, “Storia di periferia”. E’ un po’ come andare sul sicuro, ma è chiaro che il successo non può essere quello dell’anno precedente. Basta per la finale, quello sì.
Una grossa sorpresa è costituita dal redivivo Jimmy Fontana, che nel 1973 gode di un inatteso ritorno di popolarità grazie a “Made in Italy” che riesce a portare in finale. Fontana dimostra ancora una volta notevoli qualità melodiche, ma è il suo genere ad avere ormai il fiato corto.
Probabilmente la finale l’avrebbe meritata anche “Cara amica mia” dei Gens, caratterizzata come sempre dalla voce personale di Filiberto Ricciardi, che dopo lo scioglimento del gruppo e la breve esperienza negli Opera si darà appunto… all’opera, diventando un apprezzato tenore.
Poco da dire sull’orecchiabile “Il fiume corre e l’acqua va” di Giovanna, la cantante per un po’ eterna promessa della canzone italiana, una che ha avuto il torto di provare la strada del successo quando ormai il suo genere era ormai quasi alla frutta. Non stupirà trovarla ospite fissa di certi programmi di revival di Paolo Limiti, e a buona ragione, visto che Giovanna è brava e ha una voce personale. Al pubblico piace, ma le manca il successo da classifica per fare il grande salto.
“Mare mare mare mare” cantata da Ada Mori, sembra volere recuperare in un colpo solo tutto quello che a questa rassegna manca in fatto di canzoni balneari, che un tempo la caratterizzavano. Il raggiungimento della semifinale, per altro comodo, è davvero il massimo obiettivo per questo simpatico pezzo.
Gianni Nazzaro è presente al Disco per l’estate con l’intenzione di rivincerlo. Presenta “Il primo sogno proibito”, un pezzo costruito quasi come un’aria d’opera, e sufficientemente ispirato per poter puntare al bis. Il pubblico sembra gradire e lo manda in finale.
Se Nazzaro ha trovato al Disco la sua dimensione ottimale, lo stesso si può dire (e da ancora più tempo) del gruppo dei Nomadi, presenti per il quarto anno di fila e per la quarta volta in finale con “Un giorno insieme”. Il successo di “Io vagabondo” resterà ineguagliato, ma anche questo è un pezzo ricordato dai tanti fans del gruppo di Augusto Daolio.
Dopo qualche delusione acchiappa la finale anche Rita Pavone, che da qualche tempo ha trovato un suo autore di fiducia nell’ormai consacratissimo Claudio Baglioni, che con l’inseparabile (all’epoca) Antonio Coggio, ha scritto per lei “L’amore è un poco matto”.
“Tre parole al vento” di Mino Reitano, dall’incalzante introduzione, è un brano che, dopo una tiepida accoglienza, decolla decisamente una volta approdato a St.Vincent. Intanto la finale, ma le soddisfazioni non si fermeranno lì..Grossa delusione per i Ricchi e Poveri che invece restano fuori con “Piccolo amore mio”, brano al solito ben costruito, ma leggermente meno immediato di altri del gruppo genovese (e da non confondere con quell’obbrobrio del periodo in trio, quasi omonimo. Intitolato “Piccolo amore”).
Un altro gruppo, i piemontesi de Il Segno dello Zodiaco, si presenta con “Sole rosso”, che pur avvicinandosi alle sonorità dei gruppi melodici emersi dopo la metà degli anni settanta (ma con una maggior qualità) non riesce ad andare oltre la semifinale. Una curiosità: qualche anno dopo nel gruppo entrerà come cantante quel Mino Vergnaghi, che da solista riuscirà a vincere Sanremo nel 1979 per poi ritornare immediatamente nell’anonimato.
La più grossa delusione delle semifinali è sicuramente “Giovane amore” di Mario Tessuto, che nella prima fase aveva ottenuto un quarto posto che faceva sperare che fosse questo il pezzo del rilancio del cantante campano. Ma era destino che in futuro il suo ristorante si dovesse chiamare “Lisa dagli occhi blu” e non “Giovane amore” (che più che altro fa pensare al santuario del Divino Amore, a dirla tutta…).
Chiude la seconda serata in ordine alfabetico, l’accorata “Fijo mio” dei Vianella, come sempre in romanesco: “Fijo mio viè qua/ sta a sentì papà/ considerato che t’ho mmesso ar monno io…”, e via a spiegargli la vita come due bravi genitori sanno fare. E il pubblico li premia mandandoli in finale meritatamente, perché il brano, scritto dalle autorevoli penne di Califano e Minghi, non delude.
Cosa succede in finale? A giocarsi la vittoria rimangono in quattro, con i Camaleonti e la loro “Perché ti amo”, che come previsto hanno la meglio su Nazzaro, sul rimontante Reitano e proprio sui Vianella che restano fuori dal podio. Con le vendite si rifaranno i Profeti, i Dik Dik, i Nomadi e persino l’ultimo degli ultimi, tal Francesco De Gregori…  

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