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5 dicembre 2019

Il rock progressivo si trasforma (puntata n. 150)

di Dario Cordovana



Dopo la grande sbornia degli anni precedenti, in cui si era assistito ad uno sbocciare continuo di gruppi di rock progressivo dai nomi assolutamente improbabili e spesso chilometrici (basti pensare ai “Raccomandata con ricevuta di ritorno”), nel 1974 con il genere che a livello internazionale avverte precisi segnali di crisi, nel suolo italico si cercano strade nuove.
Oddio non è che tutti fossero impegnati in questa ricerca: il Banco del mutuo soccorso, con la sola sigla Banco che alla fine adotterà anche in Italia, firma un contratto con l’etichetta Manticore di Emerson Lake and Palmer e si prepara ad esportare il loro particolare approccio al genere, con la voce caratteristica di Francesco “Big” Di Giacomo e un duo di tastieristi-fratelli di ottimo livello come Vittorio e Gianni Nocenzi. Ma l’album per il mercato estero sarà pronto solo nel 1975.
Chi è più avanti è sicuramente la Premiata Forneria Marconi che ha cambiato da poco il bassista Giorgio “Fico” Piazza con il greco Patrick Djivas prelevato dagli Area per Migliaccio, Raimondi e milioni (ehm, ehm…). Ad ogni modo con il nuovo innesto la PFM pubblica il nuovo album “L’isola di niente”, che rispetto ai due album precedenti si fa notare per delle influenze jazz-rock a quei tempi relativamente sorprendenti.
E’ proprio questa la nuova tendenza del rock progressivo in Italia. Gli Area, sostituito Djivas con Ares Tavolazzi al diciassettesimo del secondo tempo (ehm, ehm…), pubblicano il secondo album “Caution Radiation Area”, che mostra delle influenze arabeggianti, la voce sperimentale di Demetrio Stratos e quella che sembra una guerra dichiarata ai tempi in quattro quarti.
Altre formazioni che cercheranno una nuova musica attraverso il connubio tra jazz e rock sono gli Arti e Mestieri (che pubblicano l’album “Tilt”, quello con l’imbuto in copertina) e il Perigeo, giunti al terzo album con “Genealogia”. Inutile dire che i componenti di questi gruppi sono tutti tecnicamente eccellenti, quello che fa la differenza è certamente la lucidità nell’esposizione delle idee, laddove in altri casi si tendeva ad ammassarle senza grande criterio.
Ma tornando alla PFM, non è solo il jazz-rock che permea i momenti più riusciti de “L’isola di niente”. Almeno la pacata “Dolcissima Maria” diventerà uno dei brani più famosi del repertorio, insieme a “La luna nuova” che sposa virtuosismo e orecchiabilità. L’album verrà pubblicato anche nel mercato estero in una versione in lingua inglese, “The World Became The World”, con il brano omonimo, unica eccezione, che altro non è che la versione tradotta in inglese di “Impressioni di settembre”.
Anche le Orme lasciano un segno in quel 1974 per il nuovo album “Contrappunti” che, insieme all’acustica “Frutto acerbo” consegnata alle radio (allora quasi solo Rai) mostra delle soluzioni strumentali parecchio ardite come nel caso del pezzo che dà il titolo all’album o della conclusiva “Maggio”, ancora essenzialmente a cura delle tastiere di Tony Pagliuca. Dello stesso anno è la pubblicazione del live “In concerto”, cosa piuttosto inusuale all’epoca, tanto che la registrazione, di bassa qualità sonora, era stata effettuata da un amatore.
Un Franco Battiato ancora alle prese con la sperimentazione pubblica il suo quarto album, “Clic”, un album dedicato al compositore Karlheinz Stockhausen (e con questo abbiamo detto tutto). Anche nel suo periodo di massima popolarità Battiato si guarderà bene dal rinnegare questi suoi dischi più sperimentali, come dimostra l’inclusione di brani come “No U Turn” o “Sequenze e frequenze” nel live di fine anni ottanta, “Giubbe rosse”. Il disco vedrà anche una pubblicazione in Inghilterra (con qualche variazione) a cura della prestigiosa Islands Records.
Per un artista in ascesa come Battiato, c’è un gruppo arrivato momentaneamente al capolinea: gli Osanna di Lino Vairetti fanno una gran fatica a portare a termine il loro ultimo album, “Landscape of Life”. Poi i dissidi interni al gruppo portano allo scioglimento di una band che, a quanto si dice, con i suoi travestimenti sul palco, avesse ispirato persino Peter Gabriel. Il loro ultimo atto, non sarà magari all’altezza delle loro produzioni precedenti, ma è anch’esso un ulteriore esempio di come il jazz si fosse insinuato nelle influenze classiche in questo multiforme genere ora denominato progressive…

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Bei tempi. Aggiungerei anche Claudio Rocchi....comunque il progressive in Italia é stato molto amato ma artisticamente ha prodotto poche cose di valore, le cose migliori sono state fatte nell'ambito della musica cantautorale. Tant'è che anche la PFM si é adeguata...

Nino

11/12/2019 08:10:44


 
 

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