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5 febbraio 2013

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - Un disco per l’estate 1971 – seconda serata

di Dario Cordovana



La seconda serata viene aperta da Kocis, che non è un capo indiano, nella realtà di cognome fa Carrisi ed è il fratello di Al Bano. La sua “Sera d’agosto” manca la finale per soli due voti. Ancora più orecchiabile “Malinconia” di Roberto Soffici, uno che di solito le canzoni le scrive per altri (“Non credere” di Mina uno degli esempi più celebri). Qui si mette in proprio ma per ottenere successo come interprete dovrà ancora attendere qualche anno. Mino Reitano invece stavolta ha la canzone giusta, romantica, estiva e non troppo triste: “Era il tempo delle more” vince la seconda semifinale a mani basse, col punteggio più alto in assoluto. E dire che nelle eliminatorie si era classificata soltanto quinta…
Meno fortuna ha “Ho perso il conto” dello sfortunatissimo Rossano (morirà suicida qualche anno dopo). La canzone non è altro che la versione embrionale della celebre (in seguito) “Luci a S.Siro” di Roberto Vecchioni, che naturalmente avrà un testo diverso. Rischiano grosso, ma alla fine passano i Nomadi che presentano “So che mi perdonerai”. Bellissima musicalmente la strofa, ma ritornello più che banalotto. Peccato. Poco si poteva chiedere a Maurizio, già entrato nel novero dei semifinalisti per il rotto della cuffia con la sua “Rose blu” dei soliti Pace-Panzeri-Pilat. Si tratta di un motivo vivace ma non certo indimenticabile, che riesce solo a migliorare il suo piazzamento, senza però raggiungere la finale.
“Se…caso mai” di Rita Pavone è firmato da un giovane autore romano, un certo Claudio Baglioni che per Rita scriverà altri pezzi in quel periodo iniziale della sua carriera. Dotato di un’introduzione parlata il brano è tutto sommato ben costruito, ma non facilissimo per una manifestazione come il “Disco per l’estate”, e, malgrado il prestigio dell’interprete, il suo cammino si fermerà in semifinale. Non corre invece questo rischio Peppino Gagliardi che, dopo il secondo posto dell’anno precedente con “Settembre”, ci riprova con “Sempre…sempre”, un lentaccio da night in tre quarti. La rassegna canora riacquista subito brio con i Nuovi Angeli e la loro celebre “Donna Felicità” di Vecchioni (Roberto) e Pareti (Renato). Con le sue allusioni sessuali poco velate la canzone non si candida certo alla vittoria, ma la finale è assicurata. Inutile dire che questo resterà il successo più ricordato del simpatico gruppo di Paki Canzi.
Il decimo brano in scaletta è per lo meno curioso: si tratta di “Dimmi ancora ti voglio bene” dell’attore Nando Gazzolo che, non si sa come, è riuscito a superare le eliminatorie con un brano sussurrato (nel disco). Dal vivo Gazzolo più che sussurrare…recita, con solo qualche accenno di cantato nella strofa. La base musicale tra l’altro si sente pochissimo e il risultato finale è alquanto soporifero. La canzone alla fine raccoglie solo nove voti dai pochi giurati rimasti svegli. Come se non bastasse Nando Gazzolo è Iva Zanicchi a dare la mazzata definitiva alla serata con una canzone contro la guerra intitolata “La riva bianca, la riva nera” di cui è rimasto celebre l’incipit: “Signor capitano si fermi qui/sono tanto stanco mi fermo sì…” Canzone strappalacrime ma che fa presa sul pubblico. Chiude Paolo Mengoli che conquista la finale con  “Ora ridi con me”,e meno male, viste le due canzoni precedenti… il bello è che l’autore del pezzo è Mino Reitano che di risate non è che sia mai stato un grosso frequentatore. Comunque l’effetto del pezzo, visto lo stile di Mengoli, è strano… sembra di sentire Gianni Morandi che canta una canzone di Mino Reitano.
In finale è proprio Mino a trionfare con “Era il tempo delle more”, Gagliardi è ancora secondo, mentre terza giunge la Zanicchi con il drammone “La riva bianca, la riva nera”… e tutti a cantare: “Attento sparano! Si butti giùùùù/Sto attento ma riparati anche tuuuu”…..

DONNA FELICITA'
(I Nuovi Angeli)


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La canzone della Zanicchi diventò subito un tormentone e io non la sopportavo, come pure i miei amici. Per noi quasi ventenni, al primo anno di università, intenti a seguire le lezioni di Storia contempornea col prof. Catalano, quella noiosa e insulsa canzone suonava insopporabile, giacché equiparava le due rive. Noi eravamo proiettati invece a fare i conti con la storia del '900: le responsabilità della I Guerra mondiale, la rivoluzione russa e la guerra civile innescata dalla controrivoluzione, ecc. ecc. Mi piaceva molto un conto della resistenza spagnola, che parlava in modo dolente delle battaglie sul fiume Ebro, che opponevano gli eroici resistenti ai mezzi pesanti e agli aerei dei nazifascisti, tedeschi e italiani. Equiparare chi su una riva combatteva coi fucili e chi sull'altra con l'artiglieria pesante e i carro armati supportati dall'aeronautica ci pareva vergognoso. Poi si è vista la continuazione della Zanicchi...

Sandro

07/02/2013 10:25:55


 
 

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