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14 novembre 2007

Recensioni: The Life of David Gale

di Davide



Ci sono delle serate che sembrano tutte uguali a se stesse, dalle quali non ti aspetti niente di diverso che una lunga agonia televisiva verso il sospirato riposo, un dormiveglia in preda alla fatica quotidiana che faccia da congruo antipasto ad un comatoso sonno notturno.
Scorri i canali sul telecomando, provvedendo ovviamente a saltare quelli delle TV nazionali “tradizionali” e passando direttamente al satellite, panacea di tutti i mali catodici….Niente neanche lì, così gira che ti rigira mi ero quasi rassegnato ad una replica su raisatextra di “Ballando con le stelle” ottimo per favorire l’assopimento con un certo brio quando non so perché misteriosamente mi sono imbattuto in un film su Rete 4. Si avete capito bene, proprio il canale delle telenovelas, dei TG di Fede e dei da me più volte vituperati “Bellissimi”.
Titolo “De laif ov Devid Gheil”.
Mah, non mi dice niente….
Genere drammatico.
Ummh..no, meglio l’appisolamento gioioso e ballerino…però qualcosa mi ferma…
Attori Chevin Spesei, Cheit Uinslet e Laura Linnei, insomma, mica male, oscar e nomineicion a buttarsi. Diamogli fiducia.
E così sono rimasto incollato, copiosa pubblicità compresa, per circa 3 ore davanti allo schermo senza neanche un cedimento, una perdita di conoscenza, che poi si concede quasi a tutto soprattutto se la sua durata supera la mezzanotte e domani la sveglia suona alle 6.
Una trama incalzante, uno di quei film “camuffati”, sembra un pamflè drammatico ed invece poi assume quasi i toni del triller e quindi del giallo, assassino compreso, con un messaggio di sfondo profondamente sociale: la pena di morte.
Si tratta infatti della “triste storia” di un professore universitario americano, (Spesei) lider di un movimento contro la pena di morte, che vive una vita felice, appagato professionalmente e sereno (anche se non troppo) padre di famiglia di un affettuoso bimbo. Poi di colpo, una festa, uno sbaglio, la storia di una sera con una studentessa e tutto crolla precipitosamente. L’accusa di stupro, l’allontanamento dall’università, l’abbandono della moglie che fugge in Spagna, bambino al seguito, la perdita della casa, l’alcoolismo.

Anche l’organizzazione antigovernativa lo estromette; gli rimane solo l’amicizia di una sua collega militante (la Linnei), che poi si scopre malata di leucemia.
E qui si apre un nuovo scenario perché la collega viene trovata uccisa in maniera orrenda, tutte le prove portano a lui che viene incarcerato e condannato alla pena capitale.
La storia viene raccontata attraverso due percorsi narrativi paralleli, quello del protagonista che rivela gli accadimenti ad una giornalista (la Uinslet) tre giorni prima di essere giustiziato ed una serie di flesc – bech che vivacizzano lo snodarsi della vicenda in un crescere continuo di ritmo e di coinvolgimento emotivo verso l’inaspettato e sorprendente (ma solo per i meno “sgamati”) epilogo. Riuscirà la nostra eroina a salvare il presunto innocente in tempo prima che lo accoppino e che diventi l’ennesima ics sul “muro delle facce” dei giustiziati presso la sede dell’associazione (luogo dove regolarmente si infrangono i vani sforzi degli attivisti, Linnei compresa), e, soprattutto, lui sarà veramente innocente e se si chi è l’assassino e perché vuole incastrarlo?
Non voglio rivelarvi niente ma vi voglio lasciare con un indizio, come faceva, quando ero bambino Elleri Quinn nei suoi cervellotici ed affascinanti telefilms in TV: occhio a quello che il governatore gli dice durante il faccia a faccia televisivo.
Una ultima considerazione: la qualità certo non viene dal nulla, non è un colpo di culo e la conferma di ciò è, allo scorrere dei titoli di coda, la scoperta del nome del regista, Alan Parcher, (mica Neri Parenti), uno che da anni, con lunghe pause di riflessione, ci riserva piccoli capolavori, dal più vecchio Feim, il Saranno Famosi cinematografico, a Bird, da Eigel Art a Missisipi Burningh, dove anticipa la tematica sociale, in quel caso del razzismo americano negli stati del sud durante gli anni ‘50, “vestita” da elegante triller dai toni neri come la coscienza di chi sopprime “il diverso” per affermare la supremazia della propria “razza” o, nel nostro caso, uccide nel nome della giustizia e della volontà del popolo bue.



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Commenti lasciati per:

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Davide!!Mi deludi!Ma i sirati i pierdi accussì??
Mha!

Donciccio

16/11/2007 19:15:35


 
 

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