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28 gennaio 2014

2014: UN ANNO PER CAMBIARE

di Fra' Domenico Spatola



Il nuovo Anno prospetta fatica e le tante ferite che quello appena trascorso ha lasciato. Non c’è persona infatti o comunità che non abbia sofferto, come il passaggio di un uragano, l’anno terribile, le cui conseguenze incombono sul 2014. Vorremmo che l’incubo divenisse al più presto risveglio di primavera e con l’inverno alle spalle. Ma la ripresa economica è lontana insieme alla speranza di molta gente. E quanti guidano i destini degli Europei purtroppo sembrano insensibili come “le stelle “ di Cronin e... “stanno a guardare”.
Andremo, a breve, a rivotare il Parlamento europeo nella speranza che possa ridiscutere i lacci e i laccioli imposti alle economie degli Stati membri, che, da parte loro, non danno prova di sufficiente coesione politica, contrappuntati in diffidenza acclarata tra regioni del Nord/Europa, accusate di egoismo ad oltranza, e quelle “spendaccioni” del Sud. In realtà si stanno pagando, e chissà per quanto tempo ancora lo si dovrà fare, le conseguenze di “allegre” amministrazioni, gestite nella becera logica del “rubi chi può!”, mentre i nostri Parlamentari nazionali,”commissariati” da Strasburgo e dai Banchieri “strozzini”, sembrano non rendersi conto del problema e continuano a litigare di “preferenze elettorali”, per mantenere poltrone e potere.
Sembra non decollare l’Europa dei De Gasperi, degli Adenauer, dei Mitterand... e dei numerosi benpensanti che, spendendosi per cancellare i nazionalismi che furono all’origine del Secondo Conflitto mondiale, sognarono il vecchio Continente a baluardo della democrazia e della pace duratura.
Si è accettato l’Euro, a valuta unica, e con costi esosi per la gente che si è vista dimezzare il valore e il potere d’acquisto della moneta locale, senza tuttavia tenere in debito conto le capacità produttive dei Paesi e le velocità non coincidenti. Si è cercato solo il profitto a tutti i costi, e, dove non è arrivato, la dissociazione e il rifiuto hanno finito con l’emarginare intere popolazioni, colpevoli di non riuscire ad agganciare la produttività ai nuovi ritmi di mercato, con le concorrenze spietate dei Cinesi e delle altre economie emergenti, imposte dalla globalizzazione.
La Grecia è sprofondata nel baratro, e i suoi cittadini non hanno neppure i mezzi per curarsi. L’Italia, con la Spagna e il Portogallo, è finita nella recessione che causa ogni giorno la chiusura delle aziende, medie e piccole, le quali hanno fatto la ricchezza del nostro prodotto interno lordo (Pil). La classe dirigente, litigiosa e miope, “navigando a vista” perché priva di genialità e d’inventiva, ha disatteso da decenni riforme urgenti per rendere meno costosa la burocrazia, spesso ostacolo formidabile alla produttività, mentre sono aumentate le tasse e le regole sempre più insopportabili. Siamo stati, non senza nostra colpa, allucinati, in tempi ancor recenti, da “incantatori di serpenti”, che rilasciavano contentini e dichiarazioni di felicità, a copertura del “magna-magna” generalizzato a tutti i livelli, e più grave di quello che, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, aveva causato “Tangentopoli”.
Con la crisi mondiale delle banche, il differenziale tra la produttività e il consumo si rivelò tragico e tutto a detrimento della prima. Il “governo/Monti” provò una “cura da cavallo” e finì per affossare la moribonda economia del Paese, già in crisi per assenza di investitori esteri, allarmati dalla legge che, solo in Italia, annullava il reato del “falso in bilancio”, mentre gli imprenditori nostrani avevano già provveduto a trasferire all’estero capitali e imprese.
A fine anno, il Capo dello Stato con il suo messaggio agli Italiani voleva pacificare gli animi e sinergizzarli per la ripresa, invece trovò inverecondi fuochi di sbarramento da parte di alcuni esponenti di Partito, che invocavano la totale distruzione, per ricominciare dalle macerie. “Il remare contro” senza pudore si rivela ancora lo sport preferito da alcuni politici.
La credibilità e la serietà di una Nazione pesano nello scacchiere mondiale perché, in grado di spostare i capitali e arricchire o impoverire intere regioni del Pianeta, eppure la volontà di quanti dovrebbero dare “la scossa” appare fiacca per garantire, con riforme non procrastinabili, appetibilità della nostra economia e assicurare il futuro rubato alle giovani generazioni.
A ogni inizio d’anno è d’obbligo l’augurio della speranza. C’è bisogno di onestà, di serietà, di impegno a ogni livello, perché ciascuno faccia seriamente la propria parte e ci si potrebbe inoltre auspicare, forse utopisticamente, che quanti sono titolari di stipendi o di pensioni d’oro, comunque se le siano arrogate, vogliano, per dare buon esempio, ridimensionarsi tali appannaggi da favola in favore dell’erario ridotto all’osso e non più in grado di favorire le masse degli indigenti e dei disoccupati.
Il 2013 ha regalato alla Chiesa e al Mondo il Papa più francescano della Storia, il quale ha adottato a modello le “Beatitudini” del Vangelo. Qualcuno lo ha criticato per il comportamento da “moda sudamericana”, ma forse si è sentito rimproverato per la propria indolenza. Il messaggio di Papa Francesco è semplice e va dritto al cuore, e dovrebbe essere di esempio a quanti, come lui, hanno posti di responsabilità e soprattutto tengono alla felicità di tutti.

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Condivido la parte critica dell'analisi, in particolare sui limiti del governo Monti, e condivido anche l'invito a continuare a sperare e mantenere aperti i varchi utopici ai possibili, che attendono l'esercizio delle nostre pubbliche virtù per nascere.

Sandro

08/02/2014 21:39:55


 
 

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