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2 novembre 2007

L'arcobaleno musicale dei Radiohead

di Davide


Oh…finalmente un album (no, non sono impazzito né mi sono da poco svegliato da lunga ibernazione ma cd è troppo brutto!!!!!!) di cui vale la pena parlare, per cui non si rimpiange il tempo utilizzato per ascoltarlo e poi di nuovo e poi ancora….Perchè la verità è che non sguazziamo nell’oro quando si parla di musica a dispetto delle innumerevoli stelline e ichs regalate a testimoniare l’eccelsa qualità dalle varie riviste di settore ad ogni nuova uscita di cantanti e gruppi sconosciuti osannati come i nuovi Bitols…Di conseguenza, signori e signore, è un vero piacere presentarvi il nuovo lavoro dei Redioid, In Reinbous. Anche qui le stelline e le ichs non mancheranno, magari a prescindere dall’ascolto, sulla fiducia o perché non farebbe trendi bistrattare un gruppo di culto, ma buon per loro questa volta tutti questi buoni uffici non sono a sproposito, anzi rischiano di sminuire il valore reale del disco (come???disco…ma che sei un marziano). Troppa enfasi?? No, in questo caso non voglio essere equilibrato, non voglio parlare di “un bel prodotto, a mio avviso”, non voglio essere “democratico” per non offendere il vasto e rispettabilissimo pubblico dei giggidalessio. Qui parliamo di MUSICA. E come dice Antonio Albanese in una famosa parodia : se non vi piace “su c... vostri”. Non è un problema di gusti diversi ma mentre scorrono i brani chiunque abbia per un ragionevole tempo della propria vita ascoltato musica, apprezzato quanto di meglio “girava intorno”, sentendo un po’ di tutto solamente per il gusto di “poterne parlare con cognizione di causa”, non può non riconoscere in quello che ascolta un distillato di quanto apprezza di più. Basta mettere da parte quelle spocchiose barriere contro la musica contemporanea (“vuoi mettere i pink floid, i genesis, la bella musica di un tempo) ed ammettere che seppur con un suono diverso scava scava ancora oggi si possono trovare rare gemme preziose nate da quella musica che la ricordano, la trasformano, la rifanno in una trasfigurazione che appartiene alla modernità. Questo è In reinbous, qui fanno capolino i suoni digitali, l’uso massiccio del computer, effetti sonori e vocali, il ritmo cadenzato ed ipnotico del dub e del trip – hop, ma mai fine a se stesso calato in un tappeto musicale classico fatto di strumenti “analogici”, di chitarre e pianoforti con una sezione ritmica felicissima che ti prende per mano e ti porta in un mondo lontano e così ti scopri a dondolarti, ciondolano la testa e canticchiando un motivo che hai sentito appena due volte. Ecco, la novità di questo lavoro dei R. è la conferma delle speranze che trasparivano dall’ascolto del precedente Eil tu de tif, un ritorno ad una felice vena creativa un po’ persa negli ultimi tempi, alla ricerca di una complessità, di una originalità che aveva relegato il gruppo certamente al culto, ma anche all’ermetismo, bella musica ma difficile da reggere senza qualche mal di testa di troppo. La voce di Tom Iorche non è più un lamento irriconoscibile, una nenia gutturale dove il suono esemplifica la crisi interiore, il buio dell’anima ma ora anche attraverso effetti ed echi diviene lo strumento per decantare i colori dell’arcobaleno musicale, appunto in reinbous. Tranne qualche passaggio questo “album” ha forse raggiunto la giusta sintesi tra la semplicità e musicalità del capolavoro Occhei compiuter e la complessità di Chid A e Amnesiac. Allora viva la sperimentazione, il sofferto travaglio, la voglia di fare cose diverse se dopo tanto viaggiare l’approdo è nel porto sicuro di una musica nuova e diversa ma che puoi ascoltare in macchina o nella solitudine del tuo I – pod, per ballare, canticchiare sotto la doccia o viaggiare con la mente dalla grigia stanza del tuo ufficio in un momento di pausa dal tuo “bellissimo lavoro”. Bella musica, sostanziosa nel contenuto e nella forma ma facilmente digeribile, per palati fini e per chi si vuole avvicinare senza restare quantomeno perplesso davanti a tale complessità. E la novità che tutto ciò oggi è davvero a portata di mano, senza elemosinarlo dalle radio che trasmettono sempre e solo il cosiddetto singolo senza farti mai capire il prodotto nel suo complesso, e neanche “rubarlo” attraverso scadenti daunlod pirati, ma “acquistandolo” ad un prezzo politico direttamente dal sito dei R., anche a 50 centesimi o meno. Vai sul sito, fai la tua offerta e poco dopo ricevi un link tramite il quale scaricare tutto l’album. Certo, poi se ti è piaciuto tanto e se vuoi qualcosa di più “raffinato”, per veri amatori e collezionisti del genere, c’è anche il bochs con versioni alternative ed altro materiale ad un prezzo ben più sostanzioso. L’intuizione è quella giusta; in un tempo in cui la musica la “scarichi” quanto, come e dove vuoi, meglio metterla a disposizione ad una buona qualità “aggratis” per tutti, promuovendola alla faccia di Napster, cercando guadagni su tutto quell’indotto che a quella musica è legato come i concerti, la musica laiv il cui crescente successo di spettatori ha costituito la vera buona notizia per la musica di quest’anno. Allora lasciatevi prendere dal ritmo coinvolgente di 15 Steps (che potete ascoltare in fondo all'articolo), il pezzo di apertura della sescion, dove la voce di Iorche si trasforma in strumento, slangando musicalmente il testo affiancato da un contrastante dolce accordo di chitarra, finchè tutto diviene giam sescion, in un crescendo finale. Una sorta di psichedelico jazz, un giro morrissiano accelerato è il carattere di Bodisnaccer al suo avvio per “svisare” poi verso un altro passaggio ancora più sincopato con la chitarra arrabbiata e la voce solista a farla da padroni. Il terzo pezzo Nude rappresenta un po’ di pace dopo la “tempesta” dei due primi pezzi, con Iorche che gigioneggia di vocoder e la classica chitarra redioid dei bei tempi, calma e pulita come ad intonare la ninna nanna di un cariglion fondendosi infine con lo uuh modulato ed angelico di Iorche. Il quarto brano Veird fisces/Arpeggi mantiene quello che promette ovvero un lungo arpeggio a cui viene sovrapposto un ritmo dub incessante e ipnotico e un gioco di voci, dolci e distorte fino ad un trionfo di tastiere ed effetti computerizzati in un classico crescendo; in oll ai niid torna il buio angoscioso e un po’ darch delle ultime sperimentazioni; in Fast arp una base musicale psichedelico bitelsiana ultima maniera, con sottofondo di violini un po’ orientaleggianti, chitarra e voci alla saimonegarfanchel, un piccolo intermezzo che proietta verso Reconer dove la voce in falsetto di Iorche è il filo conduttore di un’articolazione varia tra l’incessante tamburello iniziale e gli archi a metà pezzo. Haus ov cards presenta dopo tanta ricchezza una struttura semplice, per certi versi ripetitiva, forse un anello un po’ debole, un brano che “come inizia finisce” con quel ritmo reggheggiante ed il giro di chitarra sempre uguale e sempre presente. Meno male che poi c’è Gigsau follingh intu plais che ricorda quei bei pezzi pieni di ritmo e strumenti “semplici” di un altro capolavoro del passato De Bends, uno sprazzo di luce per concludere infine con Videoteip una sorte di ritorno alla sperimentazione dove alla semplice composizione iniziale pianoforte e voce si sovrappongono effetti ritmici e sonori propri dell’elettronica in un continuo ed ipnotico ripetersi che un po’ richiama la musica minimalista dove l’articolazione del brano non è nelle variazioni classiche (vedi ritornello) ma nell’annessione e sottrazione di strumenti. Il resto è il silenzio che ti concedi alla fine di questi 42 minuti, che per un “album” moderno sono pochissimi vista la consueta gara a gonfiare i prodotti di scarti e “rituffi creativi”, per goderti ed assaporarti il piacere ed elaborare il ricordo di quanto hai sentito, come quando assaggi un buon formaggio, ne senti l’odore, lo mastichi piano e poi alla fine tardi a berci su perché la buona sensazione ti accompagni più a lungo. Non è che sono stato troppo complicato? Sembro Zaccagnini e Castaldo insieme in preda ad un trip lisergico? No, la verità è che il bello di queste canzoni è che ognuno ci trova quello che vuole, ti danno la possibilità di aprire lo scrigno dei tuoi ricordi e riconoscere questa o quella cosa, nel bene e nel male, è “roba” nuova ma piena di “robe” vecchie, sa di buon vino ben conservato, aperto oggi, il sapore classico di un tempo rielaborato e vissuto con l’esperienza di oggi. E se tutta questa logorrea forse troppo enfatica (e che ci volete fà, mi è proprio piaciuto) è servita ad incuriosirvi (e sentiamolo sto “disco”, che sarà mai…) ben venga, missione compiuta, e se poi non vi piace………”su c….. vostri”.



LINE UP:
Thom Yorke – vocals, rhythm guitar, piano, electronics
Jonny Greenwood – lead guitar, string arrangements, electronics, sound effects

Ed O'Brien – guitar, backing vocals, keyboards, percussion, effects

Colin Greenwood – bass, synthesizers, electronics

Phil Selway – drums, percussion


TRACKLIST:
1. 15 Step
2. Bodysnatchers
3. Nude
4. Weird Fishes/Arpeggi
5. All I Need
6. Faust Arp
7. Reckoner
8. House of Cards
9. Jigsaw Falling into Place
10. Videotape



CD2 (disponibile dal dicembre 2007):
1. MK 1
2. Down Is the New up
3. Go Slowly
4. MK 2
5. Last Flowers
6. Up on the Ladder
7. Bangers and Mash
8. 4 Minutes Warning


VOTO:
9/10

SITI CORRELATI:
- Sito ufficiale Radiohead
- Fansite italiano

ALBUM PRINCIPALI:
- The Bends(1995)
- OK Computer (1997)











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Commenti lasciati per:

L'arcobaleno musicale dei Radiohead
 

 

...carina l'idea di mettere i nomi in inglese come si pronunciano...però conoscere un po' di inglese non guasterebbe. Quindi viva i reidioed...e il loro pezzo gigso folin intu pleis...concordo con M.Elena: tra gli album fondamentali non può mancare "Kid A", altrimenti non si capirebbe "In rainbows".

Dario

03/11/2007 11:21:23


Davide,un ti siddiari...ma si troppu luongu!!

Donciccio

02/11/2007 14:46:12


Tra gli album principali anche "Kid A" e "Amnesiac". Per completezza di informazione.

M. Elena

02/11/2007 14:39:00


Strepitosi i Radiohead! Sono loro la colonna sonora dei nostri tempi.

M. Elena

02/11/2007 14:36:00


 
 

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