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19 novembre 2014

A SCUOLA DI ROCK 18 - JEFFERSON AIRPLANE

di Dario Cordovana



Se uno pensa all’America e alla canzone di protesta negli anni sessanta, prima o poi è inevitabile pensare ai Jefferson Airplane. Formatisi a San Francisco, in California nel 1965, già l’anno dopo riescono a pubblicare il loro album di debutto “Takes Off”, che incrocia il folk-rock con il blues. All’epoca i Jefferson, guidati dai cantanti e chitarristi Marty Balin e Paul Kantner, sfoggiavano una cantante dalla potente voce, Signe Toly Anderson, più Jorma Kaukonen alla chitarra solista, Jack Casady al basso e Skip Spence alla batteria.
Questa formazione durerà poco però, perché Spence andrà a formare i Moby Grape (sostituito da Spencer Dryden) e la Anderson, divenuta mamma, proseguirà quell’altro tipo di attività. Gli altri decidono di sostituirla con un’altra cantante, Grace Slick, dotata di una notevole personalità. La Slick porta in dote al gruppo due ottimi pezzi, “Somebody To Love” e “White Rabbit”, tuttora i brani per i quali i Jefferson vengono immediatamente identificati, che vengono inclusi nel secondo album, “Surrealistic Pillow”, perfettamente inserito nel filone del pop psichedelico che in quel 1967 andava per la maggiore. L’album arriva al numero 3 delle classifiche inglesi e successo analogo hanno anche le due canzoni della Slick in versione singolo. Non tutto il buono è però opera della nuova cantante, Marty Balin si segnala raffinato compositore con la dolce “Comin’ back to me”. Di quell’anno è anche la partecipazione al prestigioso festival di Monterey.
A questo punto il gruppo ottiene tempo illimitato per il completamento del disco successivo, che verrà ultimato dopo qualche mese. “After Bathing At Baxter’s” è una faccenda diversa: i pezzi si allungano prendendo la forma di jam sessions e l’ascolto, pur se appagante, risulta più difficoltoso. Più accessibile il successivo “Crown Of Creation”, contenente anche una versione di “Triad” di David Crosby, pezzo controverso che si dice abbia causato l’estromissione del sodale di Stills e Nash dai Byrds che non lo volevano incidere.
Dopo un ottimo album dal vivo “Bless Its Pointed Little Head”, i Jefferson Airplane, che hanno sposato da tempo la causa delle proteste anti-guerra del Viet-Nam, rincara la dose con il politicizzato “Volunteers”, che ottiene lusinghieri riscontri anche in Gran Bretagna. La canzone omonima si sente nel film dedicato al festival di Woodstock, al quale i Jefferson hanno partecipato pur senza essere filmati.
Siamo ormai nel 1970, e il gruppo fino ad allora così coeso comincia a sfaldarsi. Dapprima Kaukonen e Casady formano un gruppo parallelo, gli Hot Tuna, poi Dryden abbandona sostituito alla batteria da Joey Covington, ma la perdita maggiore è quella di Marty Balin, per i primi anni vero motore del gruppo a livello creativo, progressivamente messo in ombra dalla prorompente personalità di Grace Slick.
Senza Balin, ma con l’ausilio del violinista Papa John Creach il gruppo completa “Bark” e poi l’ancora più insipido “Long John Silver” con John Barbata che ha rimpiazzato Covington alla batteria. E’ però un gruppo che non si ritrova più. I tempi sono cambiati e Kaukonen e Casady se ne rendono conto per primi, abbandonando il velivolo per dedicarsi a tempo pieno agli Hot Tuna. Kantner invece, dopo qualche tentativo solista, decide di tenere la Slick e di cambiare parzialmente ragione sociale. Nascono così i Jefferson Starship, che si dedicano a un pop per adulti che riscuoterà un buon successo (il primo album, “Red Octopus”, arriva al numero uno delle classifiche americane). La rilevanza artistica è però minore rispetto all’incarnazione precedente: non sono questi i Jefferson che verranno ricordati, né tanto meno lo saranno gli Starship, nuova sigla attiva dal 1985 al 1989.
Proprio nel 1989 il colpo di scena: Kantner invita Kaukonen e Casady a suonare con lui e in un concerto si unisce a loro Grace Slick. Richiamato anche Balin, ecco i Jefferson Airplane che rinascono con un ultimo, poco convinto, album omonimo, che esce nell’indifferenza generale. I tempi non sono più quelli degli esordi e in studio la molla per continuare non scatta. Dopo un ultimo valzer anche per i Jefferson Starship anche l’astronave viene consegnata alla storia…


3 dischi da avere:

Surrealistic Pillow, After Bathing at Baxter’s, Crown Of Creation

1 disco da evitare:

Jefferson Airplane


SOMEBODY TO LOVE
Jefferson Airplane


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