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10 marzo 2015

A SCUOLA DI ROCK 21 - ELTON JOHN

di Dario Cordovana



Il signor Reginald Kenneth Dwight, londinese di Pinner, è uno dei tantissimo giovani di belle speranze che cercano di farsi strada nel mondo della musica rock. La sua situazione non è tanto diversa da quella di David Jones (poi Bowie) e Marc Feld (poi Bolan): nei tardi anni sessanta le occasioni per sfondare ci sono, ma oltre al talento ci vuole anche un po’ di fortuna. Reg è un eccellente pianista e un buon cantante, e dapprima si guadagna da vivere cantando per etichette di basso livello, i successi del momento. Poi si decide a cambiare l’improbabile nome (e cognome) di battesimo con un doppio nome, Elton John, preso di peso dai suoi due idoli, Elton Dean e Long John Baldry.
Il mondo della musica finalmente si accorge che questo ragazzo ha delle buone qualità anche dal punto di vista della composizione, ma i testi sono migliorabili; per questo motivo lo si fa incontrare con un autore di belle speranze, e anche lui in rampa di lancio, Bernie Taupin. I due si studiano e si frequentano, poi dopo un primo album ancora interlocutorio, l’omonimo “Elton John”, forte del singolo “Your Song”, regala alla coppia il primo successo. Per far diventare Elton John una star però ancora ce ne vuole, altri album di qualità come “Tumbleweed Connection” e “Madman Across The Water” sono più che altro utili a consolidarne la fama. Le cose si muovono definitivamente nel 1972 e il singolo “Rocket Man” (ispirato come “Space Oddity” di David Bowie ai viaggi interplanetari) che spinge l’album “Honky Chateau” ai vertici delle classifiche.
A questo punto Elton gode anche dell’apporto di una band affiatata (Davey Johnston alla chitarra, Dee Murray al basso, Nigel Olsson alla batteria e più che occasionalmente, Ray Cooper alle percussioni). Il 1973 è il suo anno. Dapprima il successo di “Don’t Shoot Me I’m Only The Piano Player” (con i singoli “Crocodile Rock” e “Daniel”) e poi l’uscita di “Goodbye Yellow Brick Road”, vera summa di stili diversi filtrati attraverso la personalità del nostro. Che a questo punto si è inserito bene nel filone di successo del glam rock, al quale Elton John appartiene marginalmente, ma certo con il look a dir poco variopinto che sfoggia, non si può certo dire che le sue performance siano visivamente distanti da quel genere di rock. Evidenti per altro i debiti nei confronti di Valentino Liberace, eccentrico pianista e intrattenitore americano del quale si è sempre sospettata (senza conferme da parte sua) l’omosessualità. Questo è un altro punto in comune con il nostro, che finirà (dopo un fallito matrimonio con Renate Blauer) per accasarsi con l’amato David Furnish con il quale metterà su famiglia con figli.
Ma torniamo al periodo di grande successo di Elton, che senza dar segni di stanchezza creativa dà alle stampe “Caribou” (con “Don’t Let The Sun Go Down On Me”), “Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy” (dopo una serie di collaborazioni con John Lennon), “Rock Of The Westies” e il doppio (siamo ancora ai tempi degli LP) “Blue Moves”. Siamo appena nel 1976 e sembra che Elton John, alla vigilia dell’esplosione del punk in Inghilterra, abbia detto tutto quello che doveva dire.
Seguono infatti la separazione da Taupin e alcuni album meno ispirati, tra cui il criticatissimo “Victim Of Love”, in cui Elton si limita a fare da interprete a pezzi in stile disco music. Per udire un ritorno in gran forma bisognerà attendere il 1982, con “Too Low For Zero” (con nuovamente Bernie Taupin ai testi) che viene lanciato con degli azzeccati video che lo riportano a un buon livello di popolarità. Ma il resto del decennio è tutt’altro che facile: problemi di dipendenza dalle droghe e un intervento alle corde vocali che lo priva del caratteristico falsetto.
Negli anni novanta Elton John si misura con grande successo di pubblico con il musical (“The Lion King” e poi “Aida”), ma creativamente parlando per trovare un album all’altezza del suo illustre passato bisognerà attendere “Songs From The West Coast”, che è del 2001. Oltre a una scrittura ispirata, la novità dell’album è il ritorno al suono degli esordi, grazie a una ritrovata rilevanza del piano a discapito dei più moderni, ma più freddi sintetizzatori.
Da allora Elton, divenuto “sir” per meriti musicali e per le sue attività di beneficenza, farà parlare di sé come presidente della squadra di calcio del Watford (per cui fa il tifo da anni e che grazie a lui conosce un periodo di relativo splendore) e per un album registrato in duo con Leon Russell, uno dei suoi idoli di gioventù, che versava in cattive acque. Del resto la generosità di Elton John è ormai proverbiale e sono questi piccoli ma grandi gesti che danno lustro ulteriore a una carriera alla quale davvero non si sa cosa altro chiedere ….

3 album consigliati: Elton John, Madman Across The Water, Goodbye Yellow Brick Road.

1 album da evitare: Victim Of Love.

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