I dischi della vita - II puntata
di Davide
Ciascuno di noi ha i suoi dischi della vita. Sono tracce di noi, compagni di ore passate e pezzi di ricordi. Magari anche qualcosa di cui oggi ci si vergogna un po’, qualcosa di tamarro, terribilmente di moda, oggi si direbbe “di tendenza”, ed irresistibile allora, assolutamente imbarazzante oggi. Il loro carattere distintivo non è quindi l’eccelsa qualità, per quanto delle volte grazie a Dio non mancava né manca oggi con il senno di poi, ma l’essere compagno di viaggio di tempi passati. Essere una sorta di sonar della coscienza, uno scandaglio che immerso nei suoi meandri nebulosi ne illumini gli anfratti più nascosti permettendo il ritrovo di fatti, cose e persone e sensazioni ad essi legate diversamente irrimediabilmente seppellite sotto le macerie del tempo. Tra i miei dischi della vita non posso non annoverare due veri eventi, uno in particolare, che hanno marchiato nella mia memoria una delle tante feste delle “medie” organizzate assolutamente a casa con i genitori in mezzo ai piedi pronti ad accendere la luce quando la temperatura si faceva alta e qualcuno voleva passare alle vie di fatto. Oh, si intenda, sempre di superficiali ed innocenti “pomiciatine” si parla, però veramente hard per quei tempi. Mannaggia sembra passato un secolo e per certi versi lo è. Si parla di giradischi, qualche faretto colorato prestato dal fratello più grande musicista, i lenti ballati con lei che poggiava le mani sulle scapole con gli avambracci rigidi e lui costretto a collocare, in buon ordine, le due mani sulla vita. Certo poi, a seconda del gradimento, le cose si mettevano meglio, lei incrociava le mani dietro la nuca di lui appoggiandosi mollemente alle sue spalle mentre lui ora poteva incrociare le proprie dita dietro la schiena di lei riducendo di molto la distanza, fino a che, missione compiuta lei, generalmente più bassa, si buttava sognante su di lui aderendo peccaminosamente al suo corpo e le mani di lui abbandonavano l’incrocio per dedicarsi a perlustrazioni più piacevoli. Tutto reso più fugace dal solito ed improbabile giro di “bastone” la cui consegna rompeva l’idillio e soprattutto l’atmosfera finchè non si formavano perfettamente le coppie, gli accoppiamenti di maggior gradimento reciproco e con il bastone ci restava lo spaiato sfigato ed indesiderato che veniva fulminato con lo sguardo ad ogni timido approccio. E finiva così per far coppia con l’altro sfigato o, comunque, poco apprezzato specializzato nel cambio dei dischi. Insomma una sorta di diggei non per vocazione ma per l’accanirsi degli eventi, acclamato a furor di popolo e però, anche per questo, presente ad ogni festa. Spesso era lo stesso che sapeva strimpellare la chitarra e che per questo faceva da colonna sonora agli approcci altrui. Chissà forse i più quotati disk jockey o chitarristi sono magari passati da esperienze formative adolescenziali di questo tipo. Comunque una di queste feste fu per me indimenticabile non tanto per quello che accadde, di cui ricordo poco o niente ma piuttosto per la musica che la caratterizzò. Come si sarà certamente capito quello dei mezzi era un tasto dolente della “organizzazione festa”. Così la musica si raccattava qua e la, e c’era anche una certa reticenza a prestare qualcosa che allora era un vero e proprio feticcio prezioso ovvero parte della propria collezione di dischi. Così se non ci si raccordava bene poteva capitare, come in quel caso, di avere veramente poco materiale musicale a disposizione. Quel pomeriggio, perché queste feste si tenevano rigorosamente di pomeriggio, il cosiddetto tappeto musicale venne caratterizzato per i lenti da Woman in Love di Barbra Streisand in versione 45 giri, mentre per il resto si potè contare solamente su Hotter than July di Stevie Wonder, in questo caso LP ovvero un 33 giri leggermente più “sostanzioso” anche se alla fine passava solo e sempre Master Blaster meglio nota come Jammin. Insomma appassionati lenti “strappacuore” con l’unico sottofondo della squillante e romantica voce della Streisand con i coretti dei fratelli Gibb alias i Bee Geees o, meglio, ad essere precisi, uno dei fratelli, quello più belloccio con la barbetta e i capelli cotonati d’ordinanza protagonisti assieme alla chioma riccia della Streisand, della copertina su sfondo bianco di Guilty, avvinghiati come due cozze in calore. Oppure “veloci” saltellando sulle note rasta della conversione reggae, grazie a Dio di breve durata, di quello che un tempo veniva chiamato Little Stevie e partecipava a Sanremo. Certo dire che Woman in Love mi ha segnato la vita è un po’ improprio, anche perché sentendola adesso mi si cariano quei pochi denti sani e mi viene la sinovite dalla eccessiva produzione di “latte alle ginocchia”, ma non posso nascondere che è indubbiamente parte della mia vita e, quindi, tornando indietro nel tempo, ancora prima di Zenyatta Mondatta dei Police, è purtoppo anche “lui”, un disco della vita, forse il primo concettualmente o meglio, emotivamente parlando; ha il sapore e la fragranza dell’adolescenza, della spensieratezza e sentendola non posso fare a meno di ricordare quella festa un po’ fallimentare, ma festa delle feste, un come eravamo, meglio, un come ero, felice di tutto e di niente. Woman in Love è quindi il capolavoro dei lenti, la madre di tutti loro. Aihmè. Posso solo consolarmi sperando che a qualcun altro sia toccato di peggio. Chessò magari saltare felice con la prima cotta alle note di Rock’n roll robot di Alberto Camerini.
Woman in love - Barbra Streisand
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Commenti lasciati per: I dischi della vita - II puntata
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Mah. ...che dire...caro Davide...la musica è la musica...la gente non la può vedere, i dischi si, quelli si che li vuole vedere e forse anche la copertina la vuole vedere..!....e la scatola la vuole vedere...perchè la gente lo vuole sapere!...io ti invito alla coerenza...ecco...bisogna capire, studiare e capire...perchè Palermo lo vuole...lo deve capire. Con questa ti saluto, non perchè abbia esaurito le argomentazioni ma perchè il tempo è finito, non ho più una vita, sono diventato come il pellicano, quando non ha più da mangiare per i suoi piccoli si fa mangiare la pancia, con tutte le budella...e muore!
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07/08/2008 20:33:49
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Allora attendo curioso il tuo "I dischi della vita III puntata" by Daniele (o Betty). |
11/06/2008 09:00:19
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Mi inviti a nozze! Come Daniela ti posso subito dire che tutti i ricordi della mia vita sono legati a delle canzoni e che la mia memoria proustiana funziona come un juke-box.
In quanto Betty devo confessare che, a volte, le canzoni che mi rimangono più impresse non sono esattamente le più belle. Ci sono anche alcune canzoni del repertorio sentimental-romantico italiano che mi ritrovo a canticchiare (non Gigi D'Alessio e la Tatangelo, però...romantica criminale vabbè, ma con il gusto dell'orrido no!!!)
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10/06/2008 13:00:11
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E sia...avrai una puntata sui must fine '70 e inizio '80 (tra parentesi i miei "dischi della vita" preferiti). Ma vista la "piena" di ricordi musicali che ti assale perchè non condividi la rubrica? E non sarebbe male conoscere il punto di vista del tuo alter ego sentimentale Betty. |
10/06/2008 08:54:08
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Davide, io se appena mi azzardo a pensare alla cottarelle delle medie (mi ricordo di tal Giorgio, con l'occhio nero, o di tal Massimo dagli occhi blu), parte di default Against all odds di Phil Collins, che la dice lunga su quello che sarebbe poi stata la mia vita sentimentale futura: contro tutti gli ostacoli, appunto.
C'era anche Maniac dalla colonna sonora di Flashdance, Words (il cui verso epico "Words don't come easy" un mio compagno trasformava in '"Un aiu cammisi") e Total Eclypse of the Heart di Bonnie Tyler.
Maria, la smetto, che potrei andare avanti per ore. Se fai una puntata sui dischi del liceo, ho già pronto il commento!!! |
09/06/2008 20:51:38
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Bravo Davide, mi hai ricordato i tempi delle luci pissichedeliche.Quello che le portava in genere si atteggiava a massimo esperto di elettronica e affini... |
05/06/2008 19:07:08
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