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22 aprile 2008

Fabio Grosso. Il razzismo bianco

di Enrico Nunnari



Strasburgo - Lione. Ligue 1 francese. Quando Mouloungui entra in maniera scomposta su Fabio Grosso molti si preoccupano. Altri, intuendo la pericolosità, si augurano che non sia nulla di grave. Jean Marc Furlan, allenatore dello Strasburgo invece, sciorina saggiamente una serie di complimenti al calciatore italiano. “Italiano di merda… razza di macaroni” si legge dal labiale. Poi ancora “…rital” in seconda battuta. Per chi non lo sapesse, quest’ultima parola era usata in passato in maniera dispregiativa dai francesi per apostrofare gli italiani emigrati, rei di non saper correttamente pronunciare la “r francese”. In altre parole, razzismo. Razzismo strano forse, razzismo a cui non siamo abituati, ma pur sempre razzismo. Una sorta di razzismo bianco che per una volta lascia da parte i coloured ma non il concetto di ‘diverso’. Quel diverso che va indicato, deriso e disprezzato. Quel diverso che genera tanto accanimento da chi, in fondo, forse ne teme la superiorità.

Nei secoli, il razzismo ed il disprezzo per tutto ciò che fosse diverso, ha mosso l’uomo nel suo folle cammino a ritroso lungo il sentiero dello sviluppo socio-culturale. Lo ha accompagnato fedelmente, ritardandone l’evoluzione ed incontrando raramente la sua opposizione.

Ricordo che cominciai a parlare di razzismo quando avevo 12 anni. Perché come scrive Tahar Ben Jelloun nel suo libro “Il razzismo spiegato a mia figlia”, a quell’età si è già abbastanza grandi per conoscere il tema. Nella tesina accuratamente rilegata per gli esami delle scuole medie, parlai di tratta degli schiavi, di olocausto e di Martin Luther King, quell’eroe il cui sogno fu reso immortale dal codardo che gli chiuse la bocca in un balcone di Memphis nell’Aprile del 1968. Ricordo il fervore con cui mi battevo sul tema allora e ringrazio il cielo che lo stesso fervore è tutt’oggi dentro me. E’ forse per questo che io sono affetto dalla sindrome opposta al razzismo, una sorta di attrazione, di amore, verso tutto ciò che è diverso da me. Che sia il colore della pelle, che sia la religione, che sia la cultura, per me il diverso è una cosa da scoprire, da conoscere, da abbracciare e da far camminare con noi, mano nella mano. Perché, parafrasando una nota pubblicità, chi la pensa diversamente altro non è che l’anello debole della catena dello sviluppo umano. Perché non riesce a comprendere a pieno le capacità dell’UOMO.

Alcuni giorni dopo l’episodio in Ligue 1 arriveranno le scuse dell’allenatore. La giustizia sul campo però, arriva prima. Al 68’ su un cross spiovente in aera, Fabio Grosso arriva fino in cielo e schiaccia di testa la palla nella rete dello Strasburgo. 2-1, vittoria e scudetto più vicino. Alla faccia del razzismo.

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Fabio Grosso. Il razzismo bianco
 

 

Il gol di Grosso (che tra l'altro non aveva mai segnato in Francia!) subito dopo le inqualificabili offese dell'allenatore dello Strasburgo è secondo me una delle principali prove dell'esistenza di Dio!

Marcello

23/04/2008 11:57:15


Nessuno è immune dal razzismo. Anche un campione del mondo, vincente, bello, ricco può esserne colpito. Il razzismo colpisce quando e dove meno te l'aspetti, come tutte le forme di codardia e slealtà. Bravo Enrico

Mingo

22/04/2008 17:58:34


 
 

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