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31 ottobre 2013

BACIAMO LE MANI

di Andrea Basso Sr.



-“Ma che è stu tu?”- dissi a mio nipote l’altro giorno - “Tu mi devi chiamare di Vossia, come facevo io  con mio nonno. “

 

         -“Vossabenerica, nonno”- gli dicevo quando andavo a trovarlo. Che, tradotto per gli stranieri, significa “ Vostra Signoria mi benedica”. E lui, sprofondato nel suo divano, con l’inseparabile mezzo toscano nella mano sinistra, che spesso gli si era già spento, ma non gli importava più di tanto, mi guardava con  i suoi stupendi occhi azzurri e, alzando un  po’  la mano destra, mi  diceva:

 

         -” U Signuri ti binirici” - E quindi mi abbassavo e lo baciavo. Mi gli sedevo accanto e  conversavamo affabilmente, per un po’, del più e del meno. Io lo ascoltavo  con piacere, perché era un pozzo di notizie e di consigli di vita, come tutti gli anziani, che praticamente sono delle biblioteche itineranti.

        

         Naturalmente, mio nipote si mise a ridere. Ma allora si usava così.

 

         E come avrei potuto dargli del tu, se tutti i suoi figli, generi, nuore e nipoti gli davano  del Vossia? E naturalmente lo stesso discorso valeva per mia nonna.

 

         Quando si ricevevano persone, nel salotto buono,  e quindi non si era nell’intimità familiare,  allora  si parlava la lingua straniera , e cambiava la lingua, ma non la sostanza.

 

         - “Papà, Lei lo gradisce il  caffè? Con poco zucchero e qualche biscotto, come  Lo prende di solito?” - diceva una delle figlie che si era presa l’incombenza di  distribuire il rinfresco  che una inserviente  aveva già disposto sul tavolinetto del salotto.

 

         Il vassoio, canonicamente, comprendeva: la caffettiera, le tazzine con i relativi cucchiaini d’argento,  la zuccheriera ed un piattino dove, su un centrino ricamato, si potevano ammirare degli invitanti  biscotti “algerini” , di cui, in casa, ce n’era sempre una buona riserva. Sempre sullo stesso vassoio, trovava pure posto un congruo numero di tovagliolini, anch’essi finemente ricamati, nella considerazione che quelli squallidi di carta, oggi purtroppo in uso,  non l’avevano per fortuna ancora inventati.

 

         Su un altro  vassoio,  a parte,  si poteva ammirare una rosoliera, corredata da un certo numero di tipici bicchierini, e  contenente rosolio fatto in casa, all’essenza di caffè, o di limone, o di menta. Si poteva scegliere liberamente,  in quanto di rosolio, ne esisteva sempre una buona scorta. E questo nel caso in cui qualcuno non  gradisse la tazzina di caffè. Anche se accettare una cosa non escludeva la facoltà di prenderne  pure un’altra.

 

         Nella stagione estiva, invece, in queste occasioni, si offriva un frappè di caffè, o un’amarena ben ghiacciata. Ovviamente, il ghiaccio si comprava da un tizio, che passava con un carrettino, e ne portava mezzo  blocco, avvolto in una vecchia coperta, perché non si sciogliesse rapidamente. Lo rompeva con un apposito punteruolo metallico,  lo pesava e lo metteva nel panaru che gli avevi calato dal balcone,  ritirandosi i soldi.

 

         Durante questi ricevimenti, poi, a grande richiesta, le  mie zie erano solite esibirsi in suonate a quattro mani per pianoforte, accompagnate dal canto di una terza sorella che aveva una bella voce di mezzosoprano.

 

         Ed, alla fine, si ricevevano nutriti applausi e richieste di bis, che volentieri concedevano.

 

         Certo, oggi sono cose sorpassate dall’evoluzione dei tempi,  che però, in certi casi,  mi sembra proprio si possa parlare di involuzione.

 

         Il Vossia non si usa più. Che d’altra parte non lo usammo neanche noi con i nostri genitori. E le mani non si baciano più a nessuno. E nemmeno ai sacerdoti,  con i quali, in cambio,  puoi scambiare un abbraccio ed un paio di baci, come si usa dalle nostre parti, in segno di stima e di amicizia.

 

         E quegl’ intimi e gustosi ricevimenti familiari sono stati sostituiti da una iuta in pizzeria, che  ti fa fare certamente meno traffico, ma spesso risulta di uno squallore colossale.

 

         Ma questa è la zita.

 

         Ti piaccia o no.

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Commenti lasciati per:

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Fa sempre piacere vedere che gli scritti di mio padre sono molto apprezzati: se lo merita, sia come scrittore (anche se un po' tardivo ...) che soprattutto come persona!!
Approfitto di questo commento per fargli pubbicamente gli auguri di Buon Compleanno (oggi fà 81 anni)!!!

Marcello

08/11/2013 11:43:34


Andrea, carissimo amico mio, sei sempre stupendo! Con piacere ho letto il tuo ultimo racconto e come al solito mi hai fatto rivivere il mio passato e la mia adolescenza come del resto hai fatto in tutti i tuoi racconti precedenti narrati nel tuo prezioso libretto. Arricchiscilo ogni giorno di più perché è bello per noi anziani rivivere quei tempi per fare dei paragoni con l'oggi della nostra vita e con la genuinità di allora. Excelsior. Attendo con impazienza il prossimo. TVB

bonaventura cinà

08/11/2013 10:44:35


Il Vossia siciliano deriva praticamente dal Voi che si usava in tutta Italia a quei tempi. Usanza che ormai è un ricordo del passato, ma non per gli inglesi che continuano a darselo di santa ragione. Infatti il pronome personale "You" vuol dire "Voi" e da qualche secolo è usato al plurale, ma anche al singolare.

Dario C.

01/11/2013 22:35:55


Attraverso la lettura di questa pagina, ho rivissuto la mia adolescenza, complimenti per i dettagli non tralasciati, e tanti ricordi un abbraccio Dott. Andrea Basso

Tommaso Buttafoco

01/11/2013 16:38:19


 
 

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