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19 marzo 2013

Fratello Francesco, papa

di Fra' Domenico Spatola


Il numero “13” ha portato fortuna. Tanta ne ha portato il 13 marzo 2013: alla Chiesa, all’Umanità e al Mondo intero. Ci possiamo giurare. Alla “fumata bianca” che, in tempo record, radunò migliaia di persone in piazza San Pietro, l’attesa non deluse. Era nell’aria: “un Papa carico di umanità”. E i signori Cardinali, in Conclave dal giorno prima, l’hanno regalato alla Chiesa e al Mondo alla quinta votazione.
Jeorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, oriundo piemontese, ha sorpreso tutti anche per la scelta inusuale del nome che si è dato. Per la prima volta un “Francesco papa”. Per successiva dichiarazione dello stesso, il nome scelto è quello del “Poverello di Assisi”, a rettifica di quanti pensavano ad altri Santi omonimi, magari della Congregazione dei Gesuiti, di cui il Papa era membro. Nella scelta, c’è infatti il programma (nomen=omen) che il nuovo “Vescovo di Roma”, dimostra di attuare da subito nel rispetto totale della svolta impressa alla Chiesa dal Concilio Vaticano Il. Il Neoeletto, infatti, nelle poche ore di papato, ha già marcatamente segnato cambiamenti epocali in gesti di semplicità e umiltà, di povertà e di fratellanza, consentendoci di intravedere l’indirizzo del suo ministero, proposto con disarmante lucidità ai Cardinali, già nella sua prima omelia da papa, invitando tutti a “camminare, edificare e testimoniare Gesù”, povero a Betlemme e crocifisso per amore sul Golgotha.
Era tra i non i papabili della vigilia, e la sua elezione ha sorpreso tutti, anche per la rapidità.
Al silenzio attonito della piazza, seguito al nome inaspettato “Jorge Mario, cardinale Bergoglio”, pronunciato con voce tremolante dal, malfermo e bisognoso di cure, cardinale “Protodiacono”, dopo 1’ “Habemus Papam”, irrefrenabile seguì la simpatia ricambiata con l’ovazione fragorosa della folla, accattivata dal saluto umano del «Buona sera», con cui sì presentò il Neoeletto. Orientarono, da subito fuori dagli schemi e dalle consuetudini, su percorsi imprevedibili aperti dal nuovo Pontefice, il nome “Francesco” e il suo parlare semplice. Così entrò nel cuore della gente, alla quale, con disinvolta umiltà egli stesso chiese di intercedere presso Dio per lui e per la sua missione.
Bravo, Papa Francesco! Le tue parole hanno liberato dall’ansia la Chiesa di Cristo, in questi tempi particolarmente in affanno nel ricercare il bandolo per “riscoprirsi e riproporsi” nelle vesti dell’umiltà e della fratellanza, caratteristiche, inconfondibili quanto disattese, del suo Fondatore, per parlare al Mondo in maniera credibile e autentica e raccontare l’affascinante avventura della “Buona Novella”.
I giudizi dei giornali furono tutti, e da subito, lusinghieri, facendoci toccare con mano la speranza di una Chiesa viva e libera da qualunque compromesso con il potere. Chi ha memoria, prova la sensazione di rivivere gli entusiasmi del tempo di Papa Giovanni XXIII, anche egli insofferente a formalismi percepiti come ostacoli che nascondono al Mondo le bellezze della Chiesa, la Sposa di Cristo inabitata dal suo Spirito.
Sono bastati pochi attimi per testimoniare il modo “nuovo” di concepire il papato e la Chiesa sembra rinfrancata dai deformati profili che di essa avevano disegnato giornalisti e scrittori.
Se il papa emerito Benedetto XVI ci ha abituati al distacco, il suo successore dimostra di saperlo attuare, riformandosi egli stesso e chiedendo altrettanto coraggio alla Gerarchia per una riforma “in capite”, tanto attesa perché possa avvenire in tutto il Corpo.
Bergoglio, nel Conclave del 2005 che portò all’elezione di Benedetto XVI si dice che fosse arrivato “Secondo” e che, con generosità, avesse invitato i suoi elettori a dirottare i loro voti sull’ormai Papa emerito. E’ legittimo immaginare dunque una “staffetta” tra i due nel “passaggio del testimone”, dove ognuno - nei giochi dello Spirito Santo, vero regista del Conclave - si ritenga debitore di continuità con l’altro. Tale è la ricchezza della Chiesa e il segreto della sua longevità, quando, superate le contrapposizioni ideologiche, si ritorna fratelli e “servitori del Vangelo e del Popolo santo di Dio”.

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