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31 marzo 2014

EVOLUZIONE CULTURALE

di Andrea Basso Sr.


La prima la fece tre volte. Dopo, visti i risultati poco incoraggianti, decise che era meglio levarci mano.

    Successe che un giorno il maestro incontrò suo padre e gli disse.

- “ Don Stefano, ma Antriuzzo non ci viene più a scuola?”-
- “ Come non ci viene più? - rispose Don Stefano meravigliato - Se ogni mattina, di buon ora, l’accompagno io? Aspetto che apra la scuola, lo vedo entrare, e dopo me ne vado in campagna a lavorare.”

    Dopo Antriuzzu, sotto stringente interrogatorio, confessò che, prima che arrivasse il maestro, quando c’era una bella giornata, saltava dalla finestra e se ne andava a giocare in giardino, che gli sembrava molto più edificante. Il fatto è che, dalle nostre parti, quando il tempo si allarga, fa belle giornate in continuazione. Lui che ci poteva fare?

    Peccato. Perché se fosse arrivato a prendersi la licenza della seconda, dove si attestava che sapevi leggere e scrivere, avrebbe avuto un pezzo di carta che gli consentiva  di fare il carabiniere. Che era un avvenire assicurato.

Allora a Pagliarelli, borgata benedetta che diede i natali alla mia Mamma, c’era stata una vera evoluzione culturale, ed avevano istituito una scuola in cui ti potevi prendere la licenza della seconda. E questa situazione durò per molto tempo, dato che, quando mi iscrissero in terza, alla Scuola Ragusa Moleti, arrivarono dei volenterosi  ragazzi, tutti con tre o quattro anni di ritardo, che scendevano ogni mattina, a piedi, dai Pagliarelli, per continuare gli studi e prendersi la licenza della Quinta Elementare, che era considerato un bel traguardo.

    Certo, a pensarci bene, da allora nel campo scolastico, tante cose sono cambiate.

    Nella pagella, fra le altre materie di insegnamento, figurava la “Cultura Fascista” e “Lavori domestici e manuali”.

    Il rapporto fra le mamme degli alunni e le insegnanti era molto diverso da quello di oggi.  Erano quasi tutte di sesso femminile ed i maschi, come quello di Antriuzzu, erano una rarità. Le maestre, per convenzione, venivano tutte chiamate ”Signorina”, anche se potevano essere pure delle signore di una certa età. I maestri invece, venivano chiamati “ Professore”. Le mamme e le maestre si confidavano e si consigliavano a vicenda, nel campo dello studio, dell’educazione e della gestione dei ragazzi, cosa che oggi penso che sia molto raro trovare.

    Un giorno che mia madre si lamentava con la maestra per il fatto che mio fratello si rifiutava di prendersi l’uovo, si sentì rispondere: “Mu purtassi a mia, che ci penso io a farglielo prendere”.

    Mia Madre mi raccontava che, quando lei era bambina, a Pagliarelli la parola “scuola” non sapevano neanche cosa significasse.   

    Quando lei arrivò in età scolare, suo padre la iscrisse al Collegio Giusino. Ogni lunedì mattina, il suo papà impaiava il carrozzino e la portava in collegio, da dove se la andava a riprendere il sabato pomeriggio, per farle passare la domenica in famiglia.

    E li le suore, oltre alla normale cultura di base, le insegnarono anche la musica, la pittura ed il ricamo. Ma certo non tutte le famiglie si potevano permettere  di assicurare alle figlie questo tipo di studi.

    Lei ci andava volentieri perché le piaceva studiare. E ci stette fino all’età di sedici anni, quando completò il ciclo di studi.

    E raccontava, con tristezza, che quando nel 1908, ritornò in collegio, dopo le vacanza di Natale, il posto della sua compagna di banco lo trovò  vuoto, in quanto lei non ritornò più da Messina, dove era andata a passare le vacanze presso la sua famiglia, che messinesi erano, perché rimasero tutti sotto le macerie del catastrofico terremoto.

    Mia nonna, invece, aveva la licenza della quinta elementare, che era un bel traguardo scolastico, nell‘ottocento. Ma la camurria era che, essendo l’unica allittrata della zona, doveva leggere le lettere che tutto il vicinato riceveva dai parenti emigrati in America e scrivere anche le relative risposte.

    Certo, oggi a Pagliarelli le cose sono molto cambiate, e quindi la possibilità di studiare ce l’hanno tutti.

    E spero che nessuno emuli l’esempio di Antriuzzu che saltava dalla finestra per andarsene a giocare in giardino.

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EVOLUZIONE CULTURALE
 

 

Per Dario.
Grazie, carissimo Dario, per aver corretto questo mio deformato ricordo. Nella mia memoria, di cui mi fido sempre meno, "Siam Meridionali" era cantata da Bennato. Cercherò su You Tube il brano cantato da Mimmo Cavallo, di cui ora mi sovviene l'esistenza.

Sandro

06/06/2014 01:06:41


Per Dario.
Grazie, carissimo Dario, per aver corretto questo mio deformato ricordo. Nella mia memoria, di cui mi fido sempre meno, "Siam Meridionali" era cantata da Bennato. Cercherò su You Tube il brano cantato da Mimmo Cavallo, di cui ora mi sovviene l'esistenza.

Sandro

06/06/2014 01:06:13


Per Sandro: "Siamo meridionali" era un pezzo di Mimmo Cavallo.

Dario C.

23/04/2014 13:07:12


Ringrazio i miei amici per i lusinghieri commenti. Troppo buoni. L'Antriuzzu del racconto, ovviamente, non sono io, che qualche anno di scuola in più l'ho fatto, ma un altro della famiglia, dove, chiamandosi Andrea un capostipite, questo nome abbondava. C'era: U Granni, U Nicu, U Tiriscu, Antriuzzu, 'Nniria, tanto per citarne alcuni. Che allora i nomi di famiglia si usavano, anzi erano obbligatori. Il nipote del mio amico Serafino lo chiamarono, invece, Massimo. Ma lui preferiva chamarlo Politeama, perchè diceva che gli suonava meglio. A mio parere, la cosa migliore del racconto è la foto della mia Mamma, con la divisa di educanda. Guardatela bene e, se potete, ingranditela.Cose che non si vedono neanche nei migliori films in costume d'epoca. Certo, in cento anni, tante cose sono cambiate e le ragazze vanno a scuola in Jeans e maglietta, cavalcando una moto. Altro che 'mpaiari il carrozzino!! Buona Pasqua.

ABS

15/04/2014 11:58:15


Mio carissimo amico Andrea. Quando ho letto la prima volta il tuo articolo pensando che l'Andreuzzu fossi stato tu, ho pensato tra me:ma vveramente questo mio caro amico era così biricchino da saltare la finestra per marinare la scuola? E pensavo ancora: speriamo che il caro nipote per il quale impazzisce non legga questo articolo perché che consigli gli potrà dare, quello di marinare la scuola e incorggiarlo nell'avventura? Ma poi leggendolo di nuovo, perché volevo vederci chiaro mi sono accorto che l'Adreuzzo era un altro infatti hai invogliato i ragazzi di oggi a non fare simili esperienze. Bravo! Ti sei salvato in calcio d'angolo. Adesso devo dirti che come al solito i tuoi racconti avvenuti nel passato attirano sempre più la mia curiosità e li leggo con molto piacere, contnua a farlo e sarò un tuo assiduo lettore, perché nei tuoi bozzetti vedo rispecchiata la mia fanciullezza. Anche mio padre nato nel 1870 era un analfabeta però ha avuto la buona accortezza di fare studiare tutt i figli ed era orgoglioso di farlo e ci teneva a fare bella figura. Infatti mentre frequentavo la quinta elementare anch'io in una bella giornata di primavera d'accordo con alcuni miei compagni abbiamo marinato la scuola per scalare la montagna che sovrasta il mio paese e raggiungere la cima di "pizzu di nasu" dove abbiamo respirato aria saluberrima e ci siamo abbeverati ad una sorgente di acqua freschissima. Ma appena tornato a casa mio papà ha cercato di darmi un bel ceffone salutare, ma non è arrivato a segno per intercessione della mamma. È stato l'unico caso nella mia vita. Meno male...Andrea tu sai quanto ti stimo e ti voglio bene e colgo l'occasione per augurart una Santa Pasqua e darti un gosso abbraccio fraterno. Tvvbbb.

Bonaventura Cina'

14/04/2014 10:47:17


Buona settimana Santa.

Bonaventura Cina'

14/04/2014 09:56:09


Un racconto davvero piacevole da leggere direi poetico, basta chiudere gli occhi per vedere le immagini, delle scene, una che mi ha colpito è dove la maestra offre la sua disponibilità, per far si che il fratello di Antriuzzo prenda l’uovo. Poi il rapporto di collaborazione insegnanti, mamme. Oggi credo che ci sia molta distanza tra le parti. Complimenti Dott. A. basso
Tommaso Buttafoco

Tommaso

12/04/2014 14:34:27


Anche a me è piaciuto il tuo scritto, vivido come gli altri tuoi ricordi. Sull'esperto in lettura e scrittura di lettere c'era una divertente commedia con Edoardo e Peppino De Filippo, in cui lo 'specialista' " teneva 'a quinta elemmentare" (diceva Edoardo, e Peppino faceva un gesto con il braccio e la mano, di sconfinata ammirazione). Prima dell'ultima guerra, c'era il temibile sbarramento dell'esame della terza elementare. I maschi ci arrivavano spesso a fatica, e se bocciati i genitori più consapevoli li facevano ripetere fino all'ottenimento del prezioso traguardo. Le femmine le fermavano prima, anche se brave e con voglia di studiare. E' appunto il caso dei miei nonni paterni (lui però non credo sia stato bocciato; la nonna invece, novantenne, ricordava con rammarico di essere stata bloccata senza alcun motivo - diceva: "mi piaceva tanto andare a scuola"). C'è anche l'eco dell'esame di Terza in una famosa canzone, "siam meridionali", di Bennato (credo), che però si riferisce a un periodo più recente, quando ormai il traguardo della terza non era più un arduo ostacolo. ("tutti quanti tenimmo 'a terza elemmentare"). Io (classe 1951) comunque ricordo lo stress della preparazione all'esame della seconda elementare, sostenuto a Milano con una pesante preparazione (parecchie poesie a memoria e quant'altro). Grazie Andrea, per averci fatto partecipe di questi preziosi ricordi e avere ridestato pure i miei, diretti e indiretti.

Sandro

06/04/2014 16:46:34


Sarà perché l'argomento mi viene congeniale, ma questo è a mio parere uno dei più bei racconti di Andrea Basso snr.
La collaborazione scuola-famiglia è tuttora auspicabile, e anzi a inizio anno le due parti sottoscrivono un patto di corresponsabilità nell'educazione dei figli studenti. Peccato che qualche famiglia poi se lo dimentichi lasciando ai soli insegnanti il compito di portarla avanti.

Dario C.

04/04/2014 17:59:25


 
 

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