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15 febbraio 2015

Sanremo 2015: ne valeva la pena?

di Dario Cordovana


Alla fine del Festival, proprio prima della proclamazione del vincitore, le tre assistenti di Carlo Conti hanno dato il via alla beatificazione del conduttore toscano, il quale, impassibile, ha lasciato fare. Certo che questo festival è stato premiato molto dagli ascolti e se hanno fatto fare il bis (sempre inferiore alle attese) a Gianni Morandi e Fabio Fazio, perché non dovrebbero concedere un’altra chance a Carlo Conti?

E’ stata un’edizione fortunata negli ascolti, ma molto meno dal punto di vista della riuscita artistica. Buona l’idea di aumentare a 20 il numero dei campioni (si chiamano ancora così?), ma viene difficile credere che il motivo sia stato non poter escludere pezzi come quello di Biggio e Mandelli (tentativo malriuscito di sopperire all’assenza di Elio e le Storie Tese, ma quelli prima di essere comici sono dei signori musicisti e non dei “soliti idioti”). Qualcuno sentiva il bisogno della canzone di Nesli (uno pseudonimo che deve essergli venuto in mente a colazione, tanto sembra un cereale…)? E con Moreno al posto di Rocco Hunt ci abbiamo forse guadagnato? E l’ennesimo ritorno di Anna Tatangelo, finalmente non con una canzone di Gigi D’Alessio, ma con uno scarto di Kekko dei Modà, sarà servito a qualcuno?

Buona l’idea di fare cantare i giovani all’inizio della serata, ma il livello quest’anno è sembrato sconfortante, al punto che Giovanni Caccamo nella sua normalità, è sembrato a tutti avere in mano delle carte vincenti come poi è stato. Segnalerei la bravura di Amara e davvero poco altro.

Tornando ai big, ha vinto una boy band. Perché questo è Il Volo, con i tre cantanti che lo compongono che si muovono come gli One Direction, rivolgendosi ognuno di loro in modo personale al pubblico. Fatti per piacere alle ragazzine (?) e alle nonne, ma quel tipo di vocalità al Festival c’entra come i cavoli a merenda. Fareste cantare il “Rigoletto” a Nicola Di Bari?

Nek, arrivato secondo, è stato il vero vincitore. Un vero rilancio per la sua carriera, con un brano che ha vinto due premi, tra cui quello per il miglior arrangiamento, certo azzeccato, ma non proprio moderno, visto che lo stile era preso pari pari dagli anni ottanta. A consolazione della mancata vittoria (per un pugno di voti), il trionfo nella serata di giovedì, quando la sua interpretazione di “Se telefonando” ha vinto la gara delle cover. Terza la sempre brava Malika Ayane, che però ancora una volta non riesce a trovare un pezzo particolarmente memorabile.

Fortunatamente rimasta fuori dal podio Annalisa, con un altro scarto di Kekko. Chiara poteva avere qualche chance in più, visto che presentava un brano dal ritornello sanremese e molto azzeccato.

Ma veniamo alle (poche) note liete: Marco Masini aveva forse il brano più bello del Festival e come al solito l’ha interpretato con il giusto mix di grinta e professionalità, mentre Irene Grandi è molto maturata come interprete, ma ovviamente con un brano di così buon gusto, in classifica non poteva andare lontano.

Per il resto chi c’era? I Dear Jack-dal-cantante-tanto-Simple-Minds hanno fatto il loro dovere, mentre Lorenzo Fragola al debutto è sembrato meno convincente che ad “X Factor”: simpatico ma ha evidentemente bisogno di crescere ancora come interprete. Raf aveva la bronchite e si sentiva. Lara Fabian non ha fatto certo una figura migliore delle altre cantanti e in più aveva il problema di una non perfetta conoscenza della lingua italiana. Interessante Bianca Atzei con un brano il cui ritornello ricordava un vecchio pezzo di Don Backy: voce roca e immediata riconoscibilità. Alex Britti ha dimostrato una volta di più di essere più a suo agio nei panni di autore piuttosto che di interprete. Mauro Coruzzi invece ha fatto capire che a cantare è molto più bravo….di Platinette.  Gianluca Grignani è stato autore di una discreta rimonta che l’ha portato all’ottavo posto e Nina Zilli, sempre più retrò, era stavolta dalle parti di James Brown.

Ma il vero problema è stata la mancanza di gusto, soprattutto a livello musicale. La serata delle cover ha scontentato quasi tutti, molti avrebbero apprezzato delle esecuzioni più fedeli alle versioni originali, ma reinterpretare i capolavori del passato non è sbagliato, perché se le rifai uguali dal confronto esci sempre perdente. Ma se il gusto non ce l’hai (quante schitarrate si potevano evitare negli arrangiamenti?) la serata diventa un tormento.

Ad ogni modo anche questo Sanremo va agli archivi. 65 anni di vita ed è ancora lì. Quale trasmissione televisiva può dire altrettanto?

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