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21 settembre 2015

La libertà: fondamento non negoziabile

di Fra' Domenico Spatola



Non sappiamo se l’emigrazione dei popoli del Centro/Asia verso la Siria e il Mediterraneo sia stata, nel XII sec a. C., motivata dalle stesse ragioni che spingono oggi quelli del Medio Oriente ad emigrare verso l’Occidente.
Storicamente, per l’Umanità, fu allora l’opportunità di crescita e di forme nuove di comunicazione. Nacque l’“alfabeto cuneiforme” (la biblioteca in formelle di terracotta di Ugarit in Siria ne è preziosa testimonianza) in sostituzione di quello “geroglifico” più simbolico e meno immediato.
Il Medio Oriente si era trasformato in un coacervo di popoli che, nel confronto, furono necessitati a comunicare e integrarsi.
Oggi da quella regione, più incandescente per gli orrori del sedicente Stato Islamico, millantatore dell’anacronistico “Califfato” in delirio di espansione per ripristinare i confini da Damasco a Cordova, fugge tanta gente minacciata da crudeltà ostentata e inaudita.
Le ragioni di questo pur prevedibile “esodo di massa”, vanno cercate nelle profonde cause, non attribuibili esclusivamente alla Jihad islamica, che questa ne è anzi uno degli effetti. Con il passare dei giorni e il precipitare della situazione si va chiarendo che i veri interessi appartengono ancora alle superpotenze mondiali: Russia e Usa, rappresentative di due modi antitetici di intendere la storia, e concorrenti nel controllo della Siria, strategica nello scacchiere geopolitico mediorientale.
Se si voleva colpire lo Stato Islamico, più propagandato che armato, lo si sarebbe schiacciato sul nascere. Vero problema, per la Russia, è garantirsi l’unico porto navale nel Mediterraneo che le è offerto dall’alleato Assad, uno dei pochi dittatori sopravvissuti alle rivolte della “Primavera araba”.
Gli Stati Uniti d’America, dal canto loro, si giocano l’occasione per mantenere il ruolo di arbitraggio nella regione, mentre gli Stati Europei hanno continuato a brillare per l’assenza, perché interessati a problemi di finanza e di leadership e, dinanzi al fenomeno della “immigrazione di massa”, per decenza, loro malgrado, hanno dovuto interessarsi ai profughi.
La Merkel, seguita da altri capi europei, insospettatamente ha avuto infine un guizzo di dignità da aprire le frontiere, mentre altri Stati europei, come l’Ungheria e gli stessi Paesi arabi, pensano di innalzare mura per impedire qualunque passaggio a chi scappa dalla guerra e dalla miseria.
La vista del corpicino del bambino Alan, naufragato in acque turche, ha fatto il giro del Mondo, muovendo finalmente a compassione i cuori induriti fino a quel momento, e, come per incanto, “la misericordia”, raccomandata da papa Francesco, ha fatto breccia nell’animo dei potenti. Pur con mille dubbi e perplessità per quanto sta accadendo, si prende atto che alcune frontiere si sono aperte offrendo speranze che fino a qualche tempo fa sembravano impossibili. Putin, facendosi ingenuo e non ritenendosi responsabile, sostiene che i profughi vanno accolti dai paesi che hanno in passato provocato la guerra in quelle regioni.
D’ora innanzi si impone tuttavia il tema dell’integrazione, che va compresa bilateralmente come reciproca accettazione e collaborazione tra culture. Il dialogo andrà condotto senza pregiudizi, e soprattutto nel rispetto della libertà, non negoziabile, e che l’Occidente ha acquisito in tanti secoli di lotte. Sappiamo di essere chiamati ad una sfida epocale, contro ogni sorta di integralismo e pregiudizio maschilista. Anche i seguaci dell’Islam dovranno aprirsi ai concetti di libertà e di democrazia. La religione non può essere interpretata a sfavore dell’uomo, ma deve servire alla sua integrità e pienezza. Unico limite alla libertà personale – come affermava Voltaire - deve essere costituito dal rispetto della libertà degli altri. Siano dunque i benvenuti, ma non pretendano di cancellare secoli della nostra Storia, troppo solcata dal sangue dei martiri della libertà.
L’Occidente, dal XIII secolo, si è qualificato per il riconoscimento della centralità dell’uomo e il recupero dei valori della democrazia che, iniziata 2500 anni fa nell’antica Grecia, è pervenuta a noi, mediata dai principi evangelici e dalle riflessioni dei pensatori del primo cristianesimo.
Fu “l’Umanesimo”, dopo il “Feudalesimo” di oscurantistica sopraffazione, a recuperare lo Jus “romano/giustiniano” centrato sui diritti/doveri della “persona”. Da esso il cammino, spesso non incruento, ha trovato in Galileo, Kant, Cartesio, Giordano Bruno, Tommaso Campanella e nello stesso Lutero (solo per ricordare alcuni nomi) i difensori coraggiosi della dignità dell’uomo.
La “Rivoluzione francese” (1789), conseguenza dell’Illuminismo attento ai valori primari della ragione umana, ha voluto ridare al Popolo la “sovranità” contro ogni “assolutismo”, predicando l’uguaglianza e la fratellanza, propedeutiche insostituibili alla libertà. I popoli in arrivo saranno disposti a condividere tale crescita facendola propria, o almeno rispettandola negli altri? Oppure, come “clan”, si chiuderanno pretendendo di rimanere “cellule estranee” in terra straniera perché ostaggio di culture chiuse e di fanatismi religiosi?

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